Il 27 gennaio si celebra internazionalmente il Giorno della Memoria, per ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Il 27 gennaio 1945, settantacinque anni fa, intorno a mezzogiorno, l’esercito dell’Armata Rossa entrava nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e vi trovava qualche migliaio di sopravvissuti, malati e denutriti. Il numero esatto delle vittime di Auschwitz, che furono oltre un milione di persone, è difficile da stabilire con certezza, perché molti prigionieri non furono registrati e molte prove vennero distrutte dalle SS negli ultimi giorni della guerra.
Nel 1980 Primo Levi, in occasione dell’inaugurazione del Memoriale in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, scrisse queste parole:
Noi non siamo stati inconsapevoli. Alcuni fra noi erano partigiani e combattenti politici: sono stati catturati e deportati negli ultimi mesi di guerra, e sono morti qui, mentre il Terzo Reich vacillava, straziati dal pensiero della liberazione così vicina. La maggior parte fra noi erano ebrei: ebrei provenienti da tutte le città italiane, ed anche ebrei stranieri, polacchi, ungheresi, jugoslavi, cechi, tedeschi, che nell’Italia fascista, costretta all’antisemitismo dalle leggi razziali di Mussolini, avevano incontrato la benevolenza e la civile ospitalità del popolo italiano. Erano ricchi e poveri, uomini e donne, sani e malati.
C’erano bambini fra noi, molti, e c’erano vecchi alle soglie della morte, ma tutti siamo stati caricati come merce sui vagoni, e la nostra sorte, la sorte di chi varcava i cancelli di Auschwitz, è stata la stessa per tutti. Non era mai successo, neppure nei secoli più oscuri, che si sterminassero esseri umani a milioni, come insetti dannosi: che si mandassero a morte i bambini e i moribondi. Noi, figli di cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che è stato civile, e che civile è ritornato dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniamo. In questo luogo, dove noi innocenti siamo stati uccisi, si è toccato il fondo della barbarie. Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa’ che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa’ che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né domani né mai.
(Primo Levi, “L'asimmetria e la vita: Articoli e saggi 1955-1987”)
Non siamo estranei. Dedichiamo le parole di Primo Levi a voi studenti e studentesse, che dovete impegnarvi non da domani, ma da oggi, da subito, affinché si possa sradicare la pianta velenosa dell’odio razzista.